Internet: come proteggere i dati personali o monetizzarli

Ogni giorno facciamo ampio uso di numerosi servizi online, che ci vengono offerti da compagnie come Facebook, Google, Amazon ecc… e di cui usufruiamo gratuitamente. O almeno questo è ciò che generalmente siamo portati a credere. Ma se realmente fosse così, come si spiega l’enorme fatturato prodotto da queste società? Una prima risposta è, ovviamente, la pubblicità, che invade gli schermi dei nostri computer e smartphone in maniera sempre più massiccia.

Ma la vera miniera d’oro per queste aziende è costituita dai nostri dati e dalle nostre informazioni personali, che vengono raccolti e rielaborati in algoritmi in grado di fornire indicazioni sulle nostre abitudini e di orientare i bisogni, i comportamenti sociali, ed influenzare anche le scelte politiche. Tutte informazioni estremamente utili alle aziende e ai gruppi di pressione. Questo fenomeno prende il nome di profilazione.

I principali acquirenti e fruitori dei nostri dati sono colossi come Google, Microsoft, Alibaba e Amazon. Invece i dati che più interessano sono: socio-demografici e di interesse (93%), comportamentali (89%), acquisti e localizzazione (71%), opinione (39%), visite nei negozi (25%).

Le multe inflitte come sanzione per l’utilizzo improprio dei dati personali degli utenti si sono rivelate un deterrente inefficace, in quanto la loro entità risulta insignificante se paragonata al fatturato delle aziende sanzionate.

Ogni nostra attività online produce delle informazioni che, con l’aumento dell’utenza digitale, sono aumentante esponenzialmente in quantità e in valore. Ciò si è tradotto in una crescita del mercato della pubblicità online, che in Italia nel 2016 era pari a 2.36 miliardi di euro, per poi crescere a 2.68 miliardi nel 2017 e a 2.97 miliardi nel 2018. Nei prossimi anni anche la nostra impronta, la nostra voce e i nostri occhi varranno oro, sempre di più. Le stime mostrano che il mercato della pubblicità online raggiungerà i 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2020, quello delle informazioni prodotte dagli oggetti connessi (internet delle cose) i 130 miliardi, e quello dell’intelligenza artificiale i 60 miliardi entro il 2025.

Un limite fra l’informazione che puoi sfruttare a fini pubblicitari e la violazione della privacy è stato stabilito dal Regolamento Generale sulla protezione dei dati (Gdpr) entrato in vigore nell’Unione Europea nel maggio 2018. La vera novità, ora in discussione a Bruxelles, sarebbe però un’altra: consentire agli utenti di disporre dei loro dati e autorizzarne l’uso in cambio di una percentuale sui ricavi generati. Si chiama «ePrivacy» e ci consentirebbe di diventare sostanzialmente azionisti dei nostri dati. Ad oggi infatti non abbiamo il minimo controllo sui dati che vengono utilizzati dalle aziende, e di conseguenza non abbiamo modo di ricevere alcuna percentuale sui ricavi che essi generano. Ovviamente questa iniziativa trova la ferma opposizione dei colossi del web.

Una delle poche strade, percorribili in alternativa, al momento è quella che sta portando avanti Isabella De Michelis con la sua ErnieApp, la quale, in sintesi, permette agli utenti di farsi pagare per non negare i permessi all’utilizzo dei dati. Si tratta di una prospettiva rovesciata. Non posso farmi pagare per i miei dati? Mi faccio pagare per consentire ad altri di usarli.

Una seconda soluzione è utilizzare servizi o motori di ricerca diversi da quelli “classici”. Invece di utilizzare gratis Google, con un costo contenuto si potrebbe usare un altro motore di ricerca che mantiene i dati coperti, come DuckDuckGo, che sta viaggiando al ritmo di quasi 45 milioni di ricerche al giorno. Oppure Mozilla e Qwant. Questi browser non impongono registrazioni quando si effettua una ricerca su Internet, non memorizzano indirizzi Ip e usano i cookie solo quando strettamente necessario. Per le email Fastmail. Vimeo per non finire tracciati su Youtube. Open street maps al posto di Google Maps. Perchè il tema è sempre lo stesso: se non paghi per il servizio, il prodotto sei tu.

Fonte: Milena Gabanelli, Fabio Savelli, “Internet: come proteggere i dati personali o monetizzarli”, 14 ottobre 2019, DATAROOM, Corriere.it